lunedì 6 luglio 2015

Perché le persone non comprano il vostro (meraviglioso) prodotto?



Il tema riguarda tutte le aziende, dalle più grandi alle più piccole. Anche se il vostro prodotto fosse indubitabilmente il migliore, il più facile da usare e il più evoluto, venderlo non sarà facile. Spesso, non basta neppure che sia il più economico. Ma come sarebbe? Perché "la gente" non capisce il valore del vostro prodotto? Sono tutti stupidi? Diciamo che sono irrazionali, anzi, che tutti noi siamo irrazionali quando diventiamo acquirenti. E' la stessa regola del pedone . Quando l'automobilista è "appiedato" non tollera i soprusi dei "motorizzati", ma non appena torna sul suo mezzo, tolleranza zero per i pedoni. Quindi? Quindi è opportuno capire una semplicissima cosa: l'acquirente è irrazionale e negare questa verità è ancora più irrazionale. Per capire perché le persone non comprano i vostri prodotti è essenziale comprendere alcuni comportamenti che la relazione economica tra soggetti attiva spontaneamente.

Regola numero 1: la paura di perdere non è mai sufficientemente compensata dall'opportunità di guadagnare.

Quando acquistiamo un prodotto o un servizio scambiamo del denaro in cambio di "qualcosa". Quel "qualcosa" ha il grande limite di non essere scambiabile con altro o, meglio, di non avere un valore di scambio universale. Il denaro, intrinsecamente, non ha (quasi) nessun valore. Il suo valore è dato dall'infinita possibilità di scambio. Quindi, è abbastanza normale temere lo scambio tra una cosa che ha valore "universale" con una cosa che ha un valore particolare e specifico. Detto questo, tutti noi, quotidianamente, compriamo cose e servizi, ossia scambiamo il valore universale della moneta con una cosa specifica. Il tema è che al valore intrinseco degli oggetti aggiungiamo il nostro valore percepito. Quindi, questo "valore aggiunto" non è razionalmente dimostrabile. E qui siamo arrivati al punto. Quando acquistiamo qualcosa di nuovo, non abbiamo ancora in mente l'idea di valore che l'accompagna e, conseguentemente, tendiamo a rifiutare lo scambio. Nella nostra mente si materializza una bilancia con due piatti, sul primo "pesiamo" la moneta che ci viene richiesta per lo scambio e sul secondo il presunto valore che otterremmo dallo scambio. Inutile dire che il piatto con i soldi pesa sempre di più.

Regola numero 2: i punti di riferimento sono fondamentali.

Si diceva che, quando siamo acquirenti, tutti (chi più, chi meno) agiamo secondo schemi irrazionali. Il problema è che gli schemi non sono uguali per tutti. Il nostro atteggiamento è condizionato dai molteplici elementi d'influenza che hanno caratterizzato la nostra vita passata e presente. Tutti noi siamo il prodotto delle nostre abitudini, della nostra cultura e dell'ambiente nel quale viviamo. L'immagine di noi stessi che proiettiamo all'esterno è la somma di tutto ciò che più si avvicina alla persona che intendiamo essere, per adattarci al contesto nel quale viviamo. Non solo, ma noi stessi fatichiamo a "ritrovarci" e non riconosciamo più la nostra natura. Immaginiamoci di essere una vettura guidata da un GPS (riconosco che l'esempio è alquanto strano), i vari satelliti che ci localizzano sono fondamentali per comunicare a qualcun altro dove siamo. In pratica, basterebbe comunicare delle coordinate, senza dare ulteriori informazioni, per farci localizzare. L'unico limite di una simile localizzazione è che non riusciremo mai a comunicare le emozioni che ci suscita l'ambiente nel quale ci troviamo (colori, suoni, architettura, ecc.). Le coordinate del nostro improbabile navigatore, sono i nostri punti di riferimento, quelli sulla base dei quali gli altri ci localizzano o, meglio, ci riconoscono. Non solo, ma questi punti di riferimento servono a noi stessi per riconoscerci. Quel che gli altri non possono sapere, ma noi sì, sono le emozioni che accompagnano il nostro "essere" in un luogo culturale piuttosto che in un altro. Le coordinate sono i luoghi dove siamo nati, cresciuti, abbiamo lavorato. Le scuole che abbiamo frequentato. Le persone che abbiamo amato e che ci hanno amato. Quando dobbiamo compiere una scelta, e così torniamo alla nostra natura d'acquirenti, tutti questi punti di riferimento si presentano in un solo istante e ci condizionano, contribuendo a stabilire il valore di scambio che attribuiamo ad un determinato oggetto.

Regola numero 3: non dimenticare mai l' Endowment Effect (l'effetto dotazione).

La traduzione in italiano non rende giustizia al concetto. Endowment significa dotazione in senso lato, ovvero il complesso di cose che possediamo e/o utilizziamo quotidianamente. La nostra "dotazione" comprende l'autovettura, i vestiti, la nostra casa, il pc, ecc.. In qualche misura, noi siamo gli oggetti che abbiamo (gran brutta cosa!!!). Non solo, il valore (ancora lui) che attribuiamo alle cose che abbiamo è di gran lunga superiore a quello delle cose che non abbiamo. Potremmo dire che la "regola numero 3" è un corollario della numero 1, con riferimento non ai soldi, ma alle cose. Cambiare diventa, perciò, un impoverimento della nostra dotazione, un riconoscere che "fuori" c'è più valore. D'altra parte acquistare significa "sostituire" un oggetto o un modo d'essere. Torniamo al titolo di questo articolo: perché le persone non comprano il vostro (meraviglioso) prodotto? Perché adottano uno o più di questi comportamenti. Che si può fare? Si devono mettere in atto contromisure che "muovano" la mente del cliente e lo portino dalla vostra parte. Cominciamo con smontare la regola numero 1. Abbiamo detto che il nostro potenziale cliente percepisce una perdita dall'acquisto del nostro prodotto. In un'ideale bilancia il peso del valore vostro prodotto è inferiore al peso del denaro che costa. Quindi? Quindi bisogna aumentare il valore del vostro prodotto, moltiplicandolo per 10. La vendita è trasferimento di valore, quindi dobbiamo immaginarci di potenziare il prodotto o servizio per 10. Dovete trovare almeno 10 elementi che, complessivamente, valgano 10 volte quanto sta spendendo il cliente. In inglese il sostantivo dwarf significa nano, ma usato come verbo significa "sovrastare", "far sembrare piccolissimo", "eclissare", ecc.. Questo è ciò che il vostro prodotto deve generare nell'immaginario del cliente: generare la sensazione che la somma che sta spendendo sia piccolissima, un decimo del valore di ciò che acquista. Prendere come riferimento il numero 10 non è casuale. Pagare il 10% del valore di qualcosa è simile ad averla gratis. Per ulteriori approfondimenti sul punto, vi consiglio la lettura del libro di Grant Cardone, "The 10X Rule: The Only Difference Between Success and Failure".
Passiamo alla regola numero 2. Qui il tema sono i punti di riferimento, ossia il "brodo" culturale nel quale il nostro cliente è immerso (che brutta immagine!). Il primo problema è conoscere i suoi riferimenti. Tentare di vendere qualcosa a qualcuno senza sapere nulla dell'ambiente nel quale vive è un'operazione (quasi) disperata. L'acquirente, per prima cosa, deve essere collocato nello spazio (dove vive, dove lavora, ecc.) e nel tempo (quanti anni ha, da quanti anni lavora, ecc.). Poi lo si deve collocare "scolasticamente" (è laureato - in cosa?-, diplomato - in cosa?-, ecc.). Che lavoro fa? Insomma, dobbiamo cercare d'intercettare le sue "coordinate". Dobbiamo localizzarlo culturalmente, per capire se il nostro prodotto s'inserisce in modo coerente con il quadro di riferimento dei suoi valori. L'idea di vendere qualsiasi cosa a chiunque è totalmente errata, oltreché, per certi versi, poco etica. Siamo arrivati alla regola numero 3, che sappiamo essere un corollario della prima. L'idea di dotazione comporta un'implicazione molto interessante. Il cliente è disposto a spendere molti più soldi, tempo ed energie per trattenere ciò che ha già, piuttosto che sostituirlo. Quindi? Quindi se gli viene regalato un prodotto o un servizio per un tempo limitato o in una versione limitata, se il prodotto lo avrà convinto, tenderà a mantenerlo e a passare alla versione completa (premium) a pagamento. Questo sistema di vendita si chiama "Freemium Model" e si basa sull'omaggiare l'acquirente con una versione ridotta (nel tempo o nella quantità) del prodotto, per farlo entrare nella sua "dotazione". Si deve lavorare per ottenere l'adozione del prodotto da parte del cliente. Per tutti coloro che vogliano approfondire il contenuto di questo articolo, consiglio la lettura del pezzo di John T. Gourville "Eager Sellers and Stony Buyers: Understanding the Psycology of New Product Adoption".

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