lunedì 15 giugno 2015

L'età dello sviluppo....delle aziende

I manager di successo sanno che non ci si può fermare mai. Anche se le cose stanno funzionando, si deve sempre essere concentrati sulla crescita, ossia sull'incremento dei profitti e delle vendite. Stressante? Può darsi, ma questo è il mondo della competizione, baby! Come si deve fare per crescere? Le modalità sono molte, ma le più collaudate sono l'apertura a nuovi mercati e/o la creazione di nuovi prodotti. Ovviamente, bisogna scegliere in base alle caratteristiche della nostra azienda, e per fare questo, H. Igor Ansoff nel 1957 ha deciso di aiutarci, pubblicando un articolo sull'Harvard Business Review dal titolo "Strategies for Diversification". In sostanza, Ansoff ha identificato quattro strategie per la crescita:
  1. Intensificare la penetrazione di mercati esistenti con prodotti esistenti (Market Penetration);
  2. Proporre, su mercati esistenti, nuovi prodotti (Product Development);
  3. Proporre a nuovi mercati i prodotti esistenti (Market Development);
  4. Produrre nuovi prodotti per nuovi mercati (Diversification).
La prima opzione è la meno rischiosa (almeno così dice la dottrina). Si tratta di non investire in nuovi prodotti o nuovi mercati, ma di investire sul mercato esistente per incrementare le vendite dello stesso prodotto. Sì, ma come fare? Per esempio, aumentando la comunicazione, oppure raggiungendo il proprio mercato attraverso nuovi canali (pregasi non confondere "mercato" con "canale"). Oppure? Oppure abbassando i prezzi, per aumentare la quota di mercato. E i profitti? I profitti devono crescere in funzione della massa critica creata dalle (nuove) vendite. Ossia, si abbassa la marginalità unitaria, ma, vendendo più unità, aumenta il valore del profitto complessivo. E la crescita? La crescita me la saluti! Tutti sanno che questa scelta, tranne casi specifici, è destinata alla morte del business. Quindi? Quindi, proviamo con l'opzione due.

La seconda opzione si focalizza sullo sviluppo di nuovi prodotti, destinati allo stesso mercato. Gli aspetti positivi sono relativi al fatto che si conosce già il mercato e le sue dinamiche, si tratta "solo" di investire nella produzione di un nuovo prodotto. Facciamo un esempio. L'Harley-Davidson è nata come industria motociclistica (in realtà all'inizio costruiva biciclette "motorizzate"), in seguito ha iniziato a produrre merchandising legato al marchio (abbigliamento, accessori, ecc.). Quindi, stesso mercato (i motociclisti) prodotto nuovo (abbigliamento e accessori). Lo sviluppo si è concentrato su un prodotto nuovo, sfruttando il brand. E se il brand non mi aiuta? Se non ho una "reputation"? La cosa si complica, ma ogni singolo caso va analizzato a parte. In ogni caso, esiste l'opzione tre.

La terza opzione è tra le più semplici da comprendere e tra le più difficili da applicare. Non si sviluppano nuovi prodotti, ma li si vendono in nuovi mercati. I nostri investimenti, quindi, sono concentrati sullo sviluppo del nuovo mercato, ossia in comunicazione, marketing, distribuzione e commercializzazione.  La "customizzazione" (termine ributtante, ma tanto usato) per il nuovo mercato non costituisce la creazione di un nuovo prodotto, semplicemente ne rappresenta un adattamento. Immaginiamo di sviluppare una campagna di promozione turistica del lago di Como (stesso prodotto) per il mercato arabo (nuovo mercato). Evidentemente, dovremo prendere precauzioni circa le diete particolari del mondo islamico. Dovremo offrire un tour per lo shopping, ma il lago di Como è sempre lo stesso. Cambia la comunicazione, il marketing, la distribuzione e la commercializzazione (nel mondo arabo le cosiddette agenzie di viaggi sono molto rare, bisogna attivare altri meccanismi). Ma se io non conosco le dinamiche del nuovo mercato, quanto rischio mi assumo nello sviluppo del mercato stesso? Potrebbe accadere di fare da "apripista" per la concorrenza? Nel caso del nostro esempio, il "prodotto" è fermo (si suppone che il lago di Como non si muova)  e il cliente viene personalmente per "consumarlo". Ma nel caso di prodotti che devono fisicamente essere esportati, il rischio esiste. Quindi? Quindi, non ci resta che esplorare l'ultima opportunità, la quarta.

La quarta opzione è certamente la più rischiosa, si tratta di sviluppare un nuovo prodotto per un nuovo mercato. In pratica, di fare qualcosa che non si è mai fatto prima, per qualcuno che non abbiamo mai visto. E' questa la scelta di aziende che si trasformano in finanziarie, le quali investono gli utili provenienti dal loro business tipico in altri business che non conoscono. La soluzione ottimale è quella di interpretare questa soluzione con un taglio meno netto rispetto al business tipico dell'azienda.

Sembrerebbe che per crescere si debba, necessariamente, passare da un grande rischio, anzi da una vera e propria crisi. Infatti, è così. La crescita è crisi, come descrive bene Greiner (vi invito a leggere l'articolo Cara mi vuoi sposare? Non so! Prima vorrei vedere la curva di Greiner). Ma la crescita non è un opzione, o si cresce o si muore, come nella vita. Lo stesso discorso vale per le aziende. Quindi, si deve crescere e per farlo si devono fare scelte strategiche. La matrice di Ansoff è uno degli strumenti migliori per orientarsi. 

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