lunedì 13 aprile 2015

Cercasi novello Frankenstein per consulente di direzione....mostruoso!


Il mostro di Frankenstein, come tutti sapranno, è una "creatura" composta dal corpo di un impiccato e vari pezzi di altri cadaveri, qualcosa di molto diverso da George Clooney o Brad Pitt. Ma la cosa interessante è che scegliendo i "pezzi" migliori si dovrebbe ottenere il miglior risultato possibile. In quest'articolo proverò a comporre il nostro "mostro", ovvero il consulente di direzione ideale, facendomi consigliare dai Recruitment Manager delle principali Consulting Firms. Partiamo da Valentine Troutaud, Senior Recruiting Coordinator di Boston Consulting Group, che indica nella capacità analitica il primo "pezzo". Insomma, bisogna essere capaci di analizzare un problema. Ma cosa significa esattamente analizzare? In estrema sintesi, significa spezzettare una cosa nelle sue componenti più piccole, per poterla comprendere "dall'interno", ossia attraverso i suoi fattori costituenti. Ma come faccio a sapere quando mi devo fermare? Intendo dire, fino a che punto posso "spezzettare" una cosa senza ridurla in inutili frammenti che non mi restituiscono nessuna informazione? Immaginiamoci di dover studiare un prato e che si decida di analizzarlo per comprenderne lo stato di salute. Cominceremo con isolarne una parte, un pezzo di prato che sappiamo avere le stesse caratteristiche di tutto il restante prato. Poi cominceremo a guardare i fili d'erba più da vicino, cercando di capire come sono ancorati al suolo e che tipo di terra li circonda. Poi sacrificheremo un filo d'erba per studiarne le radici. In seguito, potremmo decidere di prendere il filo d'erba per portarlo in laboratorio e osservarlo al microscopio. Il livello di profondità del microscopio ci permetterà di vedere le cellule che lo compongono.
Ma potremmo non essere soddisfatti e allora vorremo andare più in profondità per vedere le molecole e poi gli atomi che lo compongono. E poi...scusate ma mi sono perso. Qual'era il problema? Ah sì, studiare lo stato di salute del prato. Forse abbiamo esagerato con l'analisi. E questo è il punto. Quando si parla di Analitycal Skills si dovrebbe spiegare che per un consulente di direzione è fondamentale sapere quando fermarsi. Il livello di dettaglio è assolutamente insignificante se non è funzionale all'attività decisionale. L'analisi deve continuare solo fin quando non intercettiamo il meccanismo sul quale ci interessa intervenire. Ma per intercettarlo, dobbiamo riconoscerlo. Sul fatto che un problema debba essere scomposto nei suoi sotto-componenti siamo tutti d'accordo, ma non sostituiamo la diagnosi con l'analisi . L'analisi serve se scomponiamo qualcosa per cercarne un'altra. Potremmo esserci sbagliati nella diagnosi, ma non possiamo rinunciare ad essa, altrimenti le nostre capacità analitiche sono totalmente inutili. Dobbiamo selezionare i dati raccolti, analizzarli e trarne le indicazioni per una soluzione creativa. Il Data Mining ha raggiunto livelli straordinari ed esistono software sofisticatissimi che forniscono gli "atomi" informativi  più sottili, ma la nostra capacità analitica ci deve dire quando fermarci per riaggregare le informazioni dando vita alla soluzione. Bene, il primo pezzo l'abbiamo. Adesso dobbiamo trovare il secondo e l'indicazione ce la dà Elizabeth Bird, Recruitment Manager di Integration Management Consulting: l'iniziativa
L'iniziativa è una caratteristica irrinunciabile. Il consulente di direzione deve capire quando è necessario intraprendere o proporre uno "scatto" in avanti. L'iniziativa è la capacità di rispondere tempestivamente alle sollecitazioni che il contesto propone. Se un consulente capisce che un cliente può migliorare le sue performance deve predisporre tempestivamente una proposta operativa e sottoporla alla direzione. Iniziativa, ossia capacità di iniziare qualcosa autonomamente. Essere propositivi e, quindi, liberi. Sì, perché l'iniziativa è una dote che il consulente sviluppa se è e si sente libero: libero dai condizionamenti del cliente, dalla preoccupazione dell'output che dovrà produrre, dalla preoccupazione dei costi che dovrà proporre, dalla preoccupazione di non guadagnare abbastanza. L'iniziativa di un consulente di direzione deve essere figlia della sua competenza, della sua libertà e della sua assoluta correttezza. E adesso abbiamo anche il secondo "pezzo" del "mostro". Ora siamo arrivati al terzo "pezzo" e lo chiediamo a Will Cummings, Consulting Student Recruitment Manager di PricewaterhouseCoopers: la flessibilità. Essere capaci di adattare se stessi alle diverse situazioni è un requisito irrinunciabile. Un consulente di direzione si interfaccia con diverse persone che svolgono diverse mansioni all'interno dell'azienda. Inoltre, i risultati del suo lavoro deve saperli presentare a diversi tipi di audiences con differenti necessità e capacità recettive. La flessibilità consente agli interlocutori di essere se stessi senza condizionamenti e, quindi, permette al consulente di direzione di raccogliere informazioni utili e autentiche al netto di preoccupazioni e timori. Avrete già sentito il detto latino frangar, non flectar (mi spezzerò ma non mi piegherò), dimenticatelo, nella consulenza vale il contrario. Ovviamente, non mi riferisco ai convincimenti o alla statura morale del consulente, per i quali il detto è validissimo, ma agli atteggiamenti e al modo di porsi. Bisogna essere flessibili e non irrigidirsi mai, è inutile e non aiuta a rendere il giusto servizio al cliente. Quindi flessibilità, ecco il terzo "pezzo". Ma a Will Cummins chiediamo un pezzo in più, anche perché lui gentilmente l'ha offerto in una sua intervista: la capacità comunicativa. Credo che spendere troppe parole sia inutile. La comunicazione è la base di tutte le attività umane e la consulenza di direzione non fa eccezione. La comunicazione non è solo ciò che riusciamo a dire o a scrivere, ma è l'intero nostro essere nei luoghi nei quali ci presentiamo. Se a una festa in maschera ci presentassimo vestiti da tranviere, tutti penserebbero che siamo stati molto originali. Ma se il nostro lavoro fosse quello di tranviere e ci presentassimo al circolo ricreativo dell'azienda municipale, nessuno penserebbe che siamo particolarmente originali, anzi. 
Il contesto nel quale operiamo e ciò che in quel contesto vogliamo comunicare è fondamentale. Non mettere in relazione ciò che trasmettiamo con il luogo e le persone destinatarie del nostro messaggio è un errore che può risultare fatale. Potrò passare per un consulente démodé, ma un medico incontrato per strada in jeans e maglietta è uno sportivo, in sala operatoria se lo vedo con il camice verde e la mascherina mi sento più tranquillo. Quindi il mio consiglio è: comunicate ciò che siete e che cosa volete e dovete rappresentare per il cliente. A voi la scelta se indossare o meno "il camice". Bene, abbiamo anche il quarto pezzo. Il mostro comincia e delinearsi, ma siamo ancora lontani. Il prossimo pezzo lo chiediamo ad Amelia Scott, Graduate Recruitment Manager di PA Consulting Group: la capacità d'influenzare. Diciamo che questo "pezzo" è parzialmente coperto dalla capacità comunicativa, ma la capacità d'influenzare è qualcosa di più specifico. Influenzare significa convincere, trasmettere la propria sicurezza sugli argomenti che stiamo presentando. I grandi influenzatori sono persone che coinvolgono gli altri e trasmettono il loro entusiasmo per un'idea. Sono persone che, grazie alla loro credibilità, conquistano le persone che li circondano e le portano a sentirsi parte di un progetto. Attenzione, non confondiamo i cialtroni che in modo subdolo raggirano il prossimo. La linea di demarcazione non è sottile, come qualcuno pensa, ma è molto chiara e netta. Un consulente di direzione, che sia anche un influenzatore,  è una persona che affascina con la lucidità delle argomentazioni e la razionalità delle idee presentate. E' un seduttore che utilizza la ragione delle cose per conquistare le persone che vuole aiutare, che peraltro lo pagano per questo. I mistificatori sono altra cosa, sono personaggi loschi che hanno passato la loro vita ad esercitarsi per sedurre le persone solo sulla base di argomenti vuoti e inesistenti. So di non farmi molti amici, ma credo che parte delle tecniche di vendita esistenti andrebbero rilette alla luce di questa mia modesta riflessione. Comunque, restiamo al tema, bisogna essere influenzatori e, quindi, persone capaci di rendere lucidamente comprensibile ciò che vogliamo trasmettere, ottenendo anche l'entusiasmo di chi ci circonda. 
Il puzzle si sta componendo, vedo la forma del mostro concretizzarsi, ci siamo. Però, abbiamo ancora bisogno di un pezzo e lo chiediamo a Gillian Bray, HR Manager di CHP Consulting: le capacità interpersonali. La definizione suona vaga o già compresa nei "pezzi" già visti, ma non è così. La capacità di condurre relazioni interpersonali più che attenere ad un "fare" riguarda l'atteggiamento che assumiamo quando siamo passivi rispetto all'agire degli altri. Per esempio, sappiamo ascoltare? Siamo capaci di essere davvero attenti e interessati a ciò che le persone ci dicono? Un consulente di direzione deve essere capace di portare sicurezza e non insicurezza. Non è vero, come molti consulenti un po' complessati pensano, che un atteggiamento ieratico aggiunge prestigio. La solennità di alcune persone è pari solo alla solennità delle sciocchezze che dicono. Incutere rispetto con atteggiamenti distaccati e distanti complica la qualità dell'interazione, con il risultato di impoverire l'efficacia del servizio che stiamo offrendo. Il consulente di direzione non è invitato ad una recita scolastica dove svolge il ruolo dell'intelligente. E' chiamato (e pagato) per risolvere problemi e/o migliorare i risultati esistenti, il tutto in armonia con le persone con le quali deve lavorare. La famosa qualità esposta in tanti CV: "capacità di lavorare in team", cosa significa? Significa essere in grado di gettare tanti ponti quante sono le persone con le quali lavoriamo, per favorire il contatto e la comunicazione con ognuna di esse. Mamma mia! Ecco il mostro! E' orribile! (sento già i "parla per te" di qualche collega). Eppure...eppure manca qualcosa. Sì perché i pezzi ci sono, ma ho come la sensazione che non "stiano insieme". Certo! Manca il collante, mancano le suture (tipiche di ogni mostro che si rispetti) che legano i pezzi e permettono alla "creatura" di muoversi libera e sicura. Per le le suture ci penso io. La prima sutura è il senso del business
Il consulente di direzione non è un consulente qualsiasi, insomma non è il commercialista o l'avvocato, consulenti preziosissimi e insostituibili per le loro specifiche discipline. Il consulente di direzione deve essere un animale d'azienda (animali, mostri...che strano articolo!). Vendite, marketing, margini, cassa, personale, organizzazione, tutto è sempre parte del tutto. Non si può svolgere questa professione senza avere un cervello "multitasking". E adesso la seconda sutura: confidenza con i numeri«La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.» (Galileo Galilei, Il Saggiatore, Cap. VI). Niente male la citazione, eh? A proposito, grazie Wikipedia di esistere. Ma torniamo a noi. Se quel che Galileo, quasi quattrocento anni fa, diceva per l'universo è vero, non vi dico per l'azienda. La matematica è la fedele compagna del consulente di direzione, ogni fenomeno aziendale ha, in una misura o nell'altra, un impatto numerico e, quindi, è misurabile. Lo so, ci sono molte cose che non lo sono, ma per ricondurre (quasi) tutto a razionalità la matematica è lo strumento migliore. 
"Misurare" è il verbo da tenere sempre presente quando si lavora. E se ci imbattiamo in qualcosa di difficilmente misurabile (caso non raro), dobbiamo tentare una stima numerica, almeno delimitando l'ambito matematico nel quale, a grandi linee, un certo fenomeno può ricadere. Attenzione, non sto dicendo che tutta l'attività deve ridursi a calcolo, ma quando siamo costretti a "stringere" le cose dentro le esigenze della razionalità, la logica matematica è la migliore alleata. Tutti noi tendiamo a decodificare la realtà in termini quantitativi. Se qualcuno vi dicesse che si trova in una stanza con un "sacco di persone", a quante persone pensereste? Un bel po'. Si, ma approssimativamente, quante? Boh! Se, invece, qualcuno vi dicesse che si trova in una stanza con una "ventina" di persone non vi ha dato un numero esatto, ma nella vostra mente cominciate figurarvi un'immagine del gruppo di persone presente in quella stanza. Non vi aspetterete che ci siano cento persone, ma nemmeno dieci.  Il numero ci serve, usiamolo. Mi sembra che il mostro tenga abbastanza bene, ancora una sutura e ci siamo. Eccola: la passione. Qualsiasi commento all'importanza della passione sarebbe inutile e noi non facciamo cose inutili. Bene, adesso il mostro sta in piedi e cammina da solo. E' spaventoso, enorme, ha un testone gigantesco. Però, devo confessare che, a ben guardare, ha un aspetto simpatico e familiare, d'altra parte è un collega. E che collega!!

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